Mondragone. Si presenta Luxuria,
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enciclopedia culinaria di Adelchi Scarano, fondatore de “Il Generaleâ€. Sarà presentato lunedì 29 gennaio al Museo Civico su iniziativa dell’assessore comunale alla cultura Giovanni Schiappa il volume di Adelchi Scarano “Luxuria”, che esperti hanno definito “enciclopedia della cucina mediterranea”. La valenza dell’opera è stata opportunamente sottolineata l’estate scorsa, in seguito alla sua pubblicazione, con una sapiente recensione di Andrea A. Ianniello” data alle stampe lo scorso anno e di seguito riportiata, citando doverosamente la fonte, in onore dell’autore, che nel comprensorio caiatino ha operato per anni, quale concessionario della Lancia; esponente di spicco, insieme al compianto Giuseppe Capobianco, del Partito Comunista Italiano, ed in particolare fondatore del ristorante “Il Generale”, ancora oggi rinomato grazie alla scia sulla quale ne prosegue la gestione l’ottimo Stefano De Matteo. «Luxuria. Grammatica della cucina mediterranea. Il bel libro di Scarano, fondatore e animatore del ristorante “Il Generale”. La relazione tra cultura “classica” con il con il cibo che oggi si chiamerebbe “mediterraneo” è un tema importantissimo. É interessante discuterne in relazione ad un libro di Adelchi Scarano. Scarano è stato il fondatore e l’animatore del Ristorante “Il Generale” di Caiazzo, antesignano dell’attuale tendenza gastronomica, ristorante passato in gestione all’ottimo Stefano Di Matteo. Il libro in questione è: “Luxuriaâ€, Grammatica della cucina mediterranea, Tascabili Bompiani (luglio 2006), Euro 8,50. L’idea è interessantissima: riscoprire il cibo mediterraneo, della cui centralità Scarano è stato antesignano nel Ristorante “Il Generale”, attraverso tutta una serie di citazioni di autori classici. Qui non si può riassumere il libro; piuttosto, si tratta di sottolinearne l’interesse. Per darne un’idea di massima, basta leggerne il nutrito indice, che parte dal capitolo primo, intitolato “Il sudore della terra”. Molto bello questo legame con la terra mediterranea, ma si dovrebbe dire col mare. Difatti, il primo punto del primo capitolo s’intitola, molto significativamente, “Il mare”, seguito da un altrettanto significativo “Noi greci”. A me sembra che questi due punti iniziali contengano l’essenza del libro di Scarano. Questo rapporto terra-mare vi è in qualche modo essenziale, ed è caratteristico del Mediterraneo che, come area del mondo, non è pienamente “marino”, `oceanico”, come il Giappone, insulare, né di pura terra, “continentale”, come la Cina, ma, piuttosto, si nutre, si costruisce, si struttura sul e nel rapporto terra-mare. Cerere e Poseidone, per dirla mitologicamente. Il capitolo secondo, allora, non poteva che avere per titolo “Mare nostrum”, dove si parla, per esempio, de “Lo stato e la gola”. Ma pure de “L’ideologia del semplice-naturale”, infarcito di dotte citazioni, dove si nota come l’ideologia del “semplice-naturale”, quasi ossessiva nei grandi scrittori latini, sia nata in ambito squisitamente urbano: in effetti aiuta a sopportare la città , a condirla di elementi vivi. In tale capitolo si parla anche della genesi della cucina, in cui, partendo dallo schema comunemente immaginato, lo si rende più complesso ma pure più realistico, vi s’inseriscono tutte le componenti relative al sistema culturale ed immaginario di percezione della cucina stessa. Si tratta di un elemento assai poco sentito e percepito nel mondo attuale, dove si sottolinea la centralità del rapporto con l’ambiente, piuttosto che con la cultura e l’immaginario. Ma questa centralità “dell’ambiente”, in realtà , è un prodotto culturale. Il capitolo terzo s’intitola “La cucina mediterranea”: siamo al “clou”. Secondo Scarano, che segue gli autori latini, ed in particolare Varrone, “il cambiamento del rapporto città -campagna, nel Lazio, coincide con l’introduzione del pascolo su larghe estensioni di terreno un tempo dedicato alle coltivazioni” (in Scarano, cit., cap. 3, p. 109). Va precisato che quest’intrusione della pastorizia sarebbe rimasta caratteristica della “Campania romana” ovvero della campagna romana, fino ai tempi dell’espansione incessante e deleteria. l trasferimento dell’aristocrazia in città e la diffusione della pastorizia danno nascita alla cucina mediterranea come gusto ed aperta agli influssi che, in quel .periodo, si andavano diffondendo nell’Impero Romano. Interessante la discussione sulla “plus”, la cui esatta natura non si conosce, dove si presenta la ricetta che Catone il vecchio, l’arci-nemico della Cartagine, dà della “plus alla cartaginese”: “Più ché all’antica plus, questo composto somiglia ‘casatiello’ che i campani hanno ancor oggi” (p. 111). Il capitolo quarto, intitolato “Il mare di Dio”, è tutto dedicato alla componente ebraica, orientale ed evangelica, della cucina mediterranea. Vi è centrale Paolo di Tarso e di nuovo i suoi viaggi sul mare: “A Paolo non bastò tutta la sua vita per aver ragione degli integralisti’ dà Giudea (…) ma (…) aveva aperto una strada (…) che nessuna pretesa esclusivistica sarebbe più riuscita a chiudere” (p.223). Chiama Paolo il “nuovo odisseo”, significativamente. Infine l’ultimo capitolo, il quinto, s’intitola “Il mare diviso”, ed è dedicata alla componente germanica, esclusa dalla “mediterraneità ”, alla decadenza ed alla componente islamica dalla mediterraneità , che ha diviso il “mare nostrum” (riecheggiamento della nota tesi di H. Perenne). L’ambiguità dell’Islam verso il vino è un segno della sua natura, così come il destino del vino, che dalla mediterraneità si è diffuso al mondo intero, prima oltre le Alpi, poi oltre oceano, in California. “Il vino potrebbe essere a metafora delle vittorie e delle sconfitte dei popoli. Ma non è solo una metafora. Il vino segue il vincitore, come la sua ombra” (p. 278)». (testo di Andrea A. Ianniello, pubblicato il 1 agosto 2006 nella pagina culturale de”Il Giornale di Caserta”).