Caiazzo. Invito speciale per “Er Cicoriaâ€.
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di Giuseppe Sangiovanni. Il vice premier Francesco Rutelli- destinatario di un ruspante invito: “Caro Ciccio, vieni a mangiare la nostra cicoria! Per il Cicoria Day, nel paesino casertano ai primi di giugno. “Caro Ciccio, ti invitiamo con la gentile consorte al Cicoria Day- che si terrà nella nostra comunità dall’uno al tre giugnoâ€. Le parole d’esordio della cortese lettera inviata in questi giorni al vice premier Francesco Rutelli. Parole confidenziali- scritte da una rappresentanza dell’Accademia della Cicoria, con il comitato- deus ex machina della tre giorni- dedicata alla gustosa pianta erbacea, finita negli ultimi tempi nel mirino dei media (giornali-radio e tv nazionali- per le miracolose proprietà afrodisiache. La caratteristica verdura- regina della tavola- sarà protagonista di una festa enogastronomica, che ha lo scopo di diffondere l’immagine di una città - ricca di storia e cultura. Una tre giorni di gastronomia mixata all’arte, all’artigianato, con momenti di musica, teatro, visite guidate nella città “romanaâ€, danza e mostre. Un evento importante, che mira a valorizzazione il prodotto tipico della città (con olio e vino)- che farà conoscere le bellezze architettoniche, le tradizioni di Caiazzo- che si appresta a diventare capitale della cicoria. Una città in fermento culturale- che, non con caviale e ostriche, ma con l’umile cicoria tenta la scalata turistica. “Caro Ciccioâ€- prosegue- la lettera -invito- “è l’occasione per provare il “principio attivo miracoloso†della nostra cicoria- da millenni decantato dai nostri avi. Ti aspettiamo, a Caiazzo- cittadina- che ha dato i natali a Giuseppe Jovinelli, fondatore del teatro Jovinelli di Roma, patria del vino Pallagrelloâ€. Un invito ruspante, quello di una comunità , forte nel carattere, gelosa della propria identità - ancora oggi visibile nell’elemento indigeno. Borgata casertana allevata e allenata al ragù, che è buonissima cosa, non a salmone- orgogliosa della propria cultura contadina, che sa ancora di canti sull’aia, di nenie, da mietitori, di cori di filande. Cose da amare e venerare. “Abbiamo bisogno di diluire pian piano il ragù (unendolo al salmone), familiare al nostro palato- per immergerci in un profumo, sia pure lontano, di cose sconosciute alle nuove generazioni- che hanno l’opportunità di riscoprire sapori in via di estinzioneâ€.Â
Il vice premier Francesco Rutelli- destinatario di un ruspante invito: “Caro Ciccio, vieni a mangiare la nostra cicoria! Per il Cicoria Day, nel paesino casertano ai primi di giugno. “Caro Ciccio, ti invitiamo con la gentile consorte al Cicoria Day- che si terrà nella nostra comunità dall’uno al tre giugnoâ€. Le parole d’esordio della cortese lettera inviata in questi giorni al vice premier Francesco Rutelli. Parole confidenziali- scritte da una rappresentanza dell’Accademia della Cicoria, con il comitato- deus ex machina della tre giorni- dedicata alla gustosa pianta erbacea, finita negli ultimi tempi nel mirino dei media (giornali-radio e tv nazionali- per le miracolose proprietà afrodisiache. La caratteristica verdura- regina della tavola- sarà protagonista di una festa enogastronomica, che ha lo scopo di diffondere l’immagine di una città - ricca di storia e cultura. Una tre giorni di gastronomia mixata all’arte, all’artigianato, con momenti di musica, teatro, visite guidate nella città “romanaâ€, danza e mostre. Un evento importante, che mira a valorizzazione il prodotto tipico della città (con olio e vino)- che farà conoscere le bellezze architettoniche, le tradizioni di Caiazzo- che si appresta a diventare capitale della cicoria. Una città in fermento culturale- che, non con caviale e ostriche, ma con l’umile cicoria tenta la scalata turistica. “Caro Ciccioâ€- prosegue- la lettera -invito- “è l’occasione per provare il “principio attivo miracoloso†della nostra cicoria- da millenni decantato dai nostri avi. Ti aspettiamo, a Caiazzo- cittadina- che ha dato i natali a Giuseppe Jovinelli, fondatore del teatro Jovinelli di Roma, patria del vino Pallagrelloâ€. Un invito ruspante, quello di una comunità , forte nel carattere, gelosa della propria identità - ancora oggi visibile nell’elemento indigeno. Borgata casertana allevata e allenata al ragù, che è buonissima cosa, non a salmone- orgogliosa della propria cultura contadina, che sa ancora di canti sull’aia, di nenie, da mietitori, di cori di filande. Cose da amare e venerare. “Abbiamo bisogno di diluire pian piano il ragù (unendolo al salmone), familiare al nostro palato- per immergerci in un profumo, sia pure lontano, di cose sconosciute alle nuove generazioni- che hanno l’opportunità di riscoprire sapori in via di estinzioneâ€.Â