Caiazzo. Rievocazione rinviata, forse ad ottobre.
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Caiazzo. Rievocazione rinviata, forse ad ottobre. Saltata, ufficialmente per malore di due figuranti ma secondo indiscrezioni per gravi carenze organizzative, la storica rievocazione di un miracolo attribuito al santo patrono e protettore di Caiazzo e della sua storica diocesi, Stefano Minicillo, promossa dalla parrocchia dell’Assunta sotto l’egida dell’amato monsignor Antonio Chichierchia a coronamento dei festeggiamenti liturgici organizzati nella ricorrenza del ritrovamento del suo corpo intatto, incorrotto e profumato, il 28 maggio 1512 cioè ben quattrocentoottanta anni dopo la sua morte. Che la rappresentazione, sontuosa come prospettata inizialmente, fosse destinata a saltare, si era inteso per la verità già quando nei mesi scorsi erano trapelate le prime fantasiose indiscrezioni circa l’ambizioso intento di qualche amministratore comunale di ridisegnare per l’occasione l’intero centro storico o, mutatis mutandis, almeno l’ambito contiguo al duomo, che avrebbe dovuto quindi essere ricoperto con altissimi (e costosissimi) pannelli in cartongesso, sulla falsariga di quel che doveva essere l’aspetto della città all’inizio del sedicesimo secolo. Un sogno troppo grande per essere verosimile, ma troppo ambizioso si sarebbe rivelato lo stesso progetto ridimensionato sotto l’illuminante guida di monsignor Chichierchia dal più realistico presidente della Pro Loco nonché consumato regista Giovanni Marcuccio che tanto si è prodigato per scrivere il copione della sacra rappresentazione, che potrebbe slittare a fine ottobre, nella ricorrenza del trapasso dello stesso santo, sempre che allora il tempo sia clemente. Sulla scia di quanto verificatosi con il film Angeli e Demoni, peraltro, non sono mancate le voci di un disimpegno conseguito all’aspetto in qualche modo dissacratorio della trama, nonostante il “filtraggio†del buon Marcuccio, poiché comunque poteva ipotizzarsi l’immagine di un vescovo, monsignor Vincio Maffa, al quale in realtà si deve il ritrovamento delle spoglie di Santo Stefano, ma all’epoca -si racconta-  malvisto dai fedeli e costretto a rifugiarsi nell’eremo di S. Maria delle Grazie, attuale cimitero, con l’accusa di averli raggirati, disponendo o comunque tollerando la sostituzione del corpo di santo Stefano, al quale mancava un dito, anche se poi durante il volontario esilio lo stesso monsignor Maffa ebbe la giusta ispirazione e indicò il punto esatto, a oltre dieci metri di profondità , in cui effettivamente il corpo fu ritrovato e 480 anni prima era stato occultato ad evitare che, come all’epoca era consueto, fosse trafugato da altri fedeli.